Il caso Chiara Ferragni e Uffizi: una questione di educazione digitale

Una polemica che ha infiammato le prime settimane estive riguarda sicuramente la sinergia tra Chiara Ferragni e gli Uffizi. Iniziata sui social per poi diffondersi anche sulle piattaforme più tradizionali, questo dibattito ha portato a riflessioni molto interessanti e ha fatto emergere un tipico malcostume del nostro paese. Analizziamo insieme il caso!
Chiara Ferragni e Uffizi: cosa è accaduto?
Chiara Ferragni era agli Uffizi per alcuni scatti fotografici in collaborazione con Vogue Hong Kong, regolarmente tariffati a livello di copyright al museo. La influencer ha deciso poi di fare un giro al suo interno accompagnata dal direttore Eike Schmidt. A quel punto, impressionata dalla bellezza della Venere di Botticelli, ha deciso di scattarsi un selfie con descrizione: “Uno dei più bei musei del mondo, passate a visitarlo!”. Allo stesso modo anche il museo ha ritratto l’imprenditrice digitale davanti al celebre quadro, osando comparare le due figure nonostante i canoni estetici diversi delle due epoche.
La replica sui social
Sotto la foto della Ferragni postata dagli Uffizi c’è stata una pioggia di attacchi sia al soggetto che all’iniziativa intrapresa. I commenti consideravano tale sinergia un vero azzardo e minacciavano di ritirare il proprio follow per questa decisione. Gli attacchi però non erano rivolti al museo quanto all’influencer in sé. E’ stata perciò sminuita la sua professione, bellezza e su quanto sia controproducente per il contesto.
I precedenti
Non è la prima volta che arte e altre attività moderne si uniscono, basti pensare ai video girati all’interno di importanti musei negli ultimi anni. Un esempio famoso riguarda Beyoncé e Jay Z al Louvre oppure, per restare in Italia, Mahmood al museo egizio di Torino. Un modo intelligente e non convenzionale di spingere l’audience verso alcune delle più belle risorse artistiche mondiali.
Dati recenti
Il MiBACT nel suo report annuale, ha registrato un pubblico annuale di 55 milioni, compresi i visitatori stranieri. Percentuali in calo rispetto a due anni fa. Secondo l’Istat invece, il 69,2% degli italiani non è mai stato ad un museo e l’80,2% non ha mai visitato un sito archeologico. E sono proprio i più giovani a mancare più spesso all’appello! Dati da incrociare con quelli dell’International Council of Museums (ICOM) che ha fatto una indagine a metà giugno, interrogando circa 1600 enti e professionisti del settore (anche freelance). Il 56,4% dei rispondenti ha affermato che vedrà il pagamento del proprio salario sospeso, il 39,4% ha fatto notare che il proprio museo ridurrà il personale ed il 12% teme la chiusura.
E’ sbagliato unire il mondo degli influencers a quello dell’arte come il caso Chiara Ferragni-Uffizi?
Pensiamo di no, perché si tratta solo di comunicare in modo non convenzionale ma, non per questo, irrispettoso e svilente. L’arte ha bisogno, soprattutto in questo periodo, di respirare l’attualità del suo mondo circostante per incuriosire un pubblico più ampio e non solo una cerchia ristretta di appassionati. Soprattutto se a gestire questa comunicazione è un team esperto come quello degli Uffizi che, da anni, gestiscono bene la presenza social del museo. A tal proposito invitiamo a visitare anche la loro pagina Instagram e TikTok!
Il problema forse è un altro, anzi “gli” altri
Gli altri luoghi di cultura del nostro paese sono gestiti altrettanto bene? Noi speriamo di si. Però, almeno per il momento, non godono di una grande presenza social. Il parco del Colosseo, per esempio, non arriva a 20 mila iscritti. La Reggia di Caserta conta solo a 55 mila followers, mentre La Venaria Reale 39 mila e Pompei 191 mila. Solo gli Uffizi quindi superano il mezzo milione di followers. Il caso peggiore? Il Museo del Cenacolo Vinciano, quello dell’Ultima Cena di Leonardo: ha solo 1294 follower!
Il confronto con il resto del mondo
All’estero la situazione è decisamente diversa. Il MoMa si attesta a 5,1 milioni di followers. Il Louvre ne ha 4,1 milioni. Il Guggenheim conta 2.5 milioni, il British 1,7 milioni ed il Prado 745 mila. Sia chiaro poi, i numeri non sono tutto, ma in un campo dove il pubblico giovanile è quello meno coinvolto, evidentemente c’è bisogno di uno sforzo maggiore. Sia per esaltare le nostre bellezze locali che per dare la giusta dignità ad un mestiere come quello dell’influencer. Di fatto un ruolo come tutti gli altri che merita analogo rispetto per le attenzioni e le cifre che può spostare con una adeguata pianificazione lavorativa. Anche questa è educazione digitale!
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