Cosa fare se si è vittime di Cyberbullismo?
Ci siamo spesso occupati di discutere in merito a tutti gli strumenti di prevenzione. Dal dialogo con i propri figli fino agli usi consapevoli della rete. Consigliando un adeguato periodo di apprendistato prima di consegnare loro un telefonino. Ma come agire quando oramai la minaccia è già presente? Cosa fare quando si è vittime di Cyberbullismo? Questa è una domanda che ogni genitore dovrebbe porsi per non farsi trovare impreparato.
Indentificare la tipologia di minaccia
Innanzitutto è importante identificare non solo il soggetto del pericolo, ma capire l’accaduto nella sua interezza. Il che non significa solo ricostruire il sopruso in atto, ma anche valutare bene la circostanza. La vittima ha chiesto aiuto o siamo noi, parenti, ad essere arrivati all’evento che ci è stato tenuto nascosto? Nel secondo esempio, la discrezione e l’elemento di comprensione devono fare in modo che il ragazzo/a non solo si possa fidare di noi, ma rivelarci cosa gli impediva a chiedere aiuto in precedenza.
La legge a favore delle vittime di Cyberbullismo
L’attuale ordinamento giuridico (soprattutto la legge 71/2017) fornisce non solo alle famiglie, ma anche alle scuole e alle associazioni di poter avvalersi di un potenti strumenti di salvaguardia. Ad esempio la possibilità di chiedere al provider l’oscuramento di contenuti non a norma di legge e lesivi alla reputazione dell’individuo minore. Nel caso il provider non agisca entro una giornata, lavorativa o meno che sia, ci si può appellare al garante per la protezione dei dati personali. Quest’ultimo ha un canale preferenziale per la segnalazione di reati in merito al cyberbullismo e può agire più tempestivamente.
Attenzione però
Nel caso di possibile denuncia ed eventuale processo ai danni di colpevoli, sarebbe comunque consigliabile conservare una copia digitale delle prove di questi episodi. Lo si può fare in maniera professionale tramite una acquisizione forense. Cosa intendiamo con questo termine? Una raccolta di prove certificata e non più manipolabile. Si può ottenere questo processo anche con suite come DEFT Linux, CAINE, Paladin, Raptor o anche Kali Linux e Parrot Security. O chiedendo consiglio direttamente alla polizia postale.
Altrimenti?
Se non si dispone di altrettanto tempo e possibilità, anche uno screenshot e relativa stampa delle immagini e chat incriminate possono avere una valenza dal punto di vista della prova, se rafforzati da elementi come testimonianze e altre evidenze plausibili. Bisogna però tenere in mente che, fortunatamente, i provider e social network oggi siano più veloci alla rimozione rispetto ad anni fa. Quindi queste raccolte è necessario farle prima delle suddette richieste.
Il “Bullo” è soggetto a reato solo se ha almeno 14 anni
Se più giovane di tale età non è imputabile né perseguibile, la ragione è presto detta: si considera il soggetto troppo giovane e immaturo. Nel caso però siano soggetti socialmente pericolosi, il Tribunale per i minorenni può stabilire percorsi di cura e di rieducazione, applicando anche misure di sicurezza speciali. Nell’eventualità invece che abbia proprio un età che vada dai 14 ai 17, il bullo potrebbe essere convocato dal questore in presenza della sua famiglia.
La denuncia è l’unica strada?
Esiste la possibilità di chiedere l’ammonimento al questore. Una sorta di richiesta di “rimprovero” da parte della famiglia coinvolta dalla offesa con finalità educativa. Il bullo in questo caso verrà convocato dinnanzi al questore, che ha acquisito la documentazione, quest’ultimo si impegnerà a indicare al soggetto tutti i possibili rischi di una condotta reiterata dei suoi gesti. Qualcuno la semplifica in una “ramanzina d’ufficio”, ma è una esagerazione. A tutti gli effetti si tratta di una lezione impartita da un pubblico ufficiale che può comunque valere da precedente in caso che la circostanza venisse ripetuta. Una tattica ovviamente più utile ad incutere timore ad un singolo e non di certo ad una baby gang. Perché è ovviamente importante inquadrare ogni volta la situazione e agire di conseguenza.
Farsi consigliare dagli esperti è sempre una cosa positiva
Tra la strigliata dei famigliari della persona che offende fino alla denuncia, si sa, il passo è grande. Siamo fermamente convinti che ogni caso vada trattato singolarmente con la giusta accuratezza, chiedere a dei professionisti un consulto sarebbe sempre una scelta condivisibile. L’Unicef ad esempio ha istituito un numero gratuito per le esigenze quotidiane e attivo ad ogni ora, il 114. Oppure è possibile chiedere aiuto all’indirizzo mail [email protected] .
Cosa succede ad un soggetto condannato per Cyberbullismo oggi?
Per i maggiorenni, il cyberbullismo è equiparato allo stalking. Si rischiano pene dai sei mesi ai quattro anni di carcere. Attività preventive e iniziative rieducazionali nel caso in cui il bullo sia un minore, con un richiamo al processo penale minorile. Il Tribunale dei minori indica “gli obiettivi” di un percorso di rieducazione del bullo. I dettagli del progetto, di solito, sono confermati dai servizi sociali in sinergia con famiglia del ragazzo.
Poi che accade?
Una volta terminata la suddetta attività, è compito del servizio sociale trasmettere al tribunale per i minorenni una relazione che spieghi il percorso e possa indicare una valutazione. Il Tribunale valuterà i progressi emersi dal rapporto e, successivamente, sentirà il minore e i genitori. Un decreto motivato, dichiarerà infine concluso il percorso di rieducazione ma potrebbe benissimo decidere il caso che debba continuare. Anche in maniera più incisiva, fino a disporre il collocamento del minore in una comunità.
Sono comunque informazioni da conoscere
Ci si augura di non dover mai disporre di queste conoscenze in futuro. Ma è di vitale importanza avere una cultura riguardo queste norme. Una società digitalmente informata è già un passo in avanti verso la consapevolezza e un’educazione in famiglia più sana. Noi di Digital Education Lab abbiamo a cuore questi temi, ne trattiamo nel quotidiano sia con i nostri corsi che con i nostri approfondimenti.