Il digitale nella scuola dell’infanzia, un libro e un progetto di ricerca ne parlano
Anche in Italia è molto attiva la ricerca nelle università sul rapporto tra digital education e le fasi della crescita dei bambini e delle bambine. Alla Sapienza di Roma docenti e ricercatori se ne occupano, da alcuni decenni. In questo libro, una brava ricercatrice dedica il suo lavoro ai piccoli da zero e sei anni e al loro interagire con il digitale. Il gruppo di ricerca dell’Osservatorio Mediamonitor Minori – CORIS – ha raccolto negli anni dati e studi internazionali che oggi tracciano un cammino di conoscenza.
Raccolti in questo volume fanno da timone per insegnanti e genitori.
Il libro
Il titolo mette già il lettore nella condizione di accogliere il fatto che l’apprendimento possa passare dalle “app”, le applicazioni delle quali ci serviamo con grande familiarità ormai, tutti e a tutte le eta.
” App Digital Education. Percorsi didattici sperimentali nella scuola dell’infanzia“.
Autore Ida Cortoni. Franco Angeli Editore.
Nei vari capitoli si analizzano gli effetti che gli input multimediali hanno sui bambini sotto i 6 anni di età. In special modo sulla maniera nella quale sviluppano conoscenze. Con l’obiettivo di approfondire quali siano le conseguenze future sull’acquisizione di competenze, a partire dall’analisi dei comportamenti. Il libro contiene preziosi dati sull’uso dei bambini piccolissimi (da 2 ai 3 anni) di tablet o smartphone. Sulla maniera nella quale vengono a contatto, spesso del tutto autonoma, con questi device.
La rivoluzione del touchscreen
Il contatto precoce del bambino con le nuove tecnologie, grazie al touch, rappresenta una stimolazione cognitivo-sensoriale così forte che innesca comportamenti che lo portano a imitare ciò che vedono o ascoltano. In questo contesto, qual è e quale sarà il ruolo dell’adulto? E quale il miglior processo di mediazione familiare e scolastica?
In ambito internazionale questa è una questione molto dibattuta: i primi approcci dei bambini con i device collegati in rete devono essere mediati? Ci dev’essere sempre un adulto, non solo a vigilare (il che è ovvio e doveroso) ma anche a guidare le dita di un piccino di 3 anni che sullo schermo di un tablet ha messo i panni dell’esploratore digitale?
Il progetto di ricerca che ha preceduto la pubblicazione del libro
Si è indagato sugli attuali orientamenti pedagogici per la scuola dell’infanzia che valorizzino il potenziale delle nuove tecnologie. Se la la loro affidabilità sia in grado di sostenere lo sviluppo di identità, autonomia e competenza, affidate proprio all’educazione pre-scolare.
Il “cuore pedagogico” della ricerca è il bambino-allievo, protagonista assoluto nel suo sperimentare la rivoluzione digitale. Quella stessa che rende facilmente fruibili gli strumenti per i percorsi formativi di bambini e bambine. E per facilitare i docenti nella verifica dei progressi dei giovanissimi studenti. Tutto ciò rende necessario costruire nuovi scenari educativi pare indispensabili senza l’uso delle capacità computazionali. Da realizzare in ambienti “smart” e anche informali.
Le mani in pasta come le manine che pasticciano sullo smartphone della mamma
E’ molto interessante che i ricercatori che fanno parte del mondo accademico, abbiano guardato i bambini – da 0 a 6 anni – alle prese con le nuove tecnologie recuperando la dimensione pratico-esperienziale di Munari. Con le famose “mani in pasta”.
Bruno Munari non è un pedagogo. E’ stato un artista, designer e scrittore italiano, morto nel 1998.
Però nella scuola e in ambito educativo si sviluppano dei laboratori con il “Metodo Munari”.
L’idea di Munari sulla fantasia
Bruno Munari scriveva: che la fantasia è la facoltà più importante di tutte, perché ci permette di fantasticare di cose e di oggetti che possono anche essere assolutamente irrealizzabili. Una fantasia che va a briglie sciolte. La possibilità del pensiero in cui tutto può essere immaginato.
Però, quando parla di fantasia, Munari dice anche che proprio la fantasia usa lo stesso metodo, e sottolinea proprio la parola metodo, di altre facoltà. Per esempio: dell’invenzione o della creatività.
Questo metodo, dice Munari, risiede nel “creare relazioni tra gli elementi conosciuti”.
Non siamo certo lontani dal pensiero computazionale, che dalla fantasia fa emergere particolari abilità, proprio attraverso l’educazione digitale. A partire dai primissimi anni di età.
Ecco che ritroviamo nel libro esempi volti a sperimentare le potenzialità del multimediale applicate al design di attività didattiche inedite. E nello stesso tempo soluzioni che recuperano i principi dell’esplorazione spontanea o guidata. Per esempio, il ruolo centrale del tatto e della manipolazione.
Con il coinvolgimento dei sensi durante il percorso di scoperta che sta alla base della programmazione didattica per i più piccoli.
L’Osservatorio Mediamonitor Minori della Sapienza di Roma
Così proprio partendo dalla tradizione di ricerca dell’Osservatorio Mediamonitor Minori dell’Università Sapienza di Roma, il libro pone domande importanti. Che cosa accade allo sviluppo psico-cognitivo del bambino quando gli strumenti digitali, nello specifico le app, intervengono nei processi di socializzazione? Come accompagnare il rapporto del bambino con i media digitali dal punto di vista educativo, sociale e culturale?
Si potrà applicare nelle scuole o negli ambienti informali, nel laboratori esperienziali, un protocollo formativo di “app digital education” ? Non ve lo sveliamo.
Nelle 182 pagine del libro c’è tanto da imparare. Con spirito critico e con la volontà di trovare una base di conoscenza utile a tutti per accompagnare i più piccoli nell’era digitale.
L’autrice
Ida Cortoni è ricercatore al il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma. Coordina l’Osservatorio Mediamonitor Minori, è membro di Digizen, startup digitale di Sapienza, insegna Sociologia dei processi culturali e Digital Education.
Fra le sue pubblicazioni: Save the media, L’informazione sui minori come luogo comune, Young digizen? New challenges in media education.
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