Fin dove spingersi con la realtà virtuale? La storia di Nayeon
Abbiamo dedicato già vari articoli ai visori VR e ai loro effettivi usi. Non c’è dubbio che riguardino un tipo di tecnologia che, in futuro, potrà darci una mano in numerosi campi, dall’intrattenimento alla medicina. Eppure esistono dei limiti etici che forse non abbiamo del tutto considerato. Fin dove spingersi con la realtà virtuale? Ce lo chiediamo in questi giorni, a seguito di un caso che ha molto scosso l’opinione pubblica.
L’evento
Nayeon era una bambina sudcoreana affetta da un male incurabile, che se la portò via nel 2016 a soli sette anni. Da allora la famiglia porta, nel proprio quotidiano, il ricordo della ragazzina scomparsa in giovane età. Questo fino a quando un documentario ha rivoluzionato la realtà che siamo soliti conoscere e creato qualcosa che, solo qualche anno fa, era del tutto inimmaginabile.
“I met you”
E’ il nome del lungometraggio, prodotto dalla Munhwa Broadcasting, responsabile dell’esperimento, e che ha avuto come protagonista Jang, la madre di Nayeon. La società televisiva ha seguito da dietro il monitor il momento in cui la mamma, grazie ad uno speciale visore 3D, si è ricongiunta per qualche istante alla propria piccola.
La bambina è stata digitalizzata in maniera perfetta grazie ai numerosi ricordi, foto e filmati conservati in questi anni dai suoi parenti. In poche parole, Nayeon è stata riprodotta in 3D in un ambiente virtuale del tutto realistico, simile a quello di un videogioco.
Fin dove spingersi con la realtà virtuale?
L’innovazione creata dal documentario “I met you”, ci porta a riflettere su un tema inedito come quello della rinascita virtuale.
La tecnologia può davvero portarci al di là dell’accettazione di un decesso, fornendoci una sorta di surrogato su cui sfogare il nostro dolore?
Siamo in un territorio eticamente molto difficile e non tanto distante da quello suggerito anni fa dal film “Her”, dove l’appena premio Oscar Joaquin Phoenix si innamorava di un sistema operativo.
L’interrogativo non è di semplice soluzione
Ovviamente questo è un tema su cui si apriranno numerosi dibattiti, perché tocca aspetti inediti della nostra coscienza. Ad esempio, l’utilizzo di meccanismi simili a quello proposto nel documentario potrebbe essere integrato alle sedute psicoanalitiche per aiutare i pazienti ad elaborare un lutto o un trauma. Allo stesso modo però, esiste il rischio di abbandonarsi a tali simulazioni virtuali e non riuscire più a distinguere la realtà dalla finzione.
La consapevolezza digitale
Tali applicazioni della tecnologia alla sfera personale e psichica vanno studiate e valutate in maniera approfondita. Una circostanza come quella documentata dal progetto “I met you” avrebbe potuto dare una lezione importante agli spettatori, se fosse stata accompagnata dal commento di uno psicologo esperto in materia.
E’ necessario perciò che ogni progresso tecnologico sia accompagnato da personale qualificato in grado di fornire alla nostra società una maggior consapevolezza del futuro.