Gaming Disorder: per l’OMS i videogiochi possono diventare malattia
17 Giugno 2019
Avevamo precedentemente affrontato questo tema, quando l’OMS aveva segnalato la possibilità di patologia, in attesa di ufficializzare la sua sentenza in una materia così complessa e delicata. Per mesi il mondo accademico e scientifico si è opposto a più riprese a questo possibile provvedimento. Nonostante ciò, in occasione della 72esima edizione della World Health Assembly a Ginevra, i 194 membri dell’Oms hanno dunque formalmente riconosciuto il «gaming disorder» come una malattia vera e propria.
La sentenza dell’OMS
La dipendenza da videogiochi è stata inserita nell’ICD-11 (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems), che entrerà in vigore dal 1° Gennaio 2022.
Cosa si intende per malattia?
Il gaming disorder, a differenza delle dipendenze da sostanze, è una dipendenza di natura comportamentale. Caratterizzato da un controllo compromesso sui e dai videogiochi. Questi ultimi, infatti, hanno una priorità eccessiva nella vita di chi manifesta questo disturbo, oscurando altre aree considerate di normale funzionamento dell’essere umano. Intralciando diversi automatismi e comportamenti del paziente (dalla sfera sociale fino alla produttività scolastica).
Vivere in schiavo del videogame
Una persona che soffre di questa dipendenza, secondo l’OMS, programma la giornata in funzione del videogame. Quindi gioca costantemente per molte ore al giorno senza curarsi della propria salute fisica e mentale. Questo ovviamente comporta che il videogioco influenzi anche le normali attività fisiologiche dell’individuo. In riferimento alle alterazioni nel sonno, nel nutrimento e altri effetti collaterali del caso.
Ma non basta attraversare una “fase” per tale diagnosi
Teniamo infatti conto che, secondo l’OMS, un giocatore patologico, per essere definito tale, dovrebbe tenere gli atteggiamenti precedentemente descritti per almeno 12 mesi. Un lasso di tempo che ovviamente significa analisi strutturata del paziente e poi inizio di una tipologia di trattamento che possa aiutarlo a riprendere una qualità della vita soddisfacente e decorosa.
Prime reazioni nel mondo dei videogiochi
Ancor prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità pronunciasse il suo verdetto finale, il Presidente di Sony Kenichiro Yoshida, aveva già discusso di questo argomento con diverse testate. Specificando che la questione “va presa sul serio” e che sarebbe necessario adottare delle “contromisure”. Yoshida ha inoltre confermato l’impegno della sua compagnia a rendere le piattaforme di gioco luoghi virtuali più sicuri:. “Abbiamo già implementato un sistema di classificazione (per limitare i giocatori in base all’età) e abbiamo adottato misure basate sui nostri standard“.
Attenzione però
Lo dicemmo nel precedente articolo e ci teniamo a ribadirlo in questo. Guai a considerare tutti i giocatori come dipendenti da un vizio. Il videogioco resta un passatempo sano e gratificante per molti. Rivestendo il giusto spazio nella giornata di una persona, può regalare momenti di spensieratezza e in alcuni casi anche di apprendimento. Diventando un prezioso supporto in campi impensabili fino a un decennio fa, come quello della riabilitazione medica. Sta alla famiglia, e parzialmente alle istituzioni, aiutare a disciplinare i più giovani ad un approccio consapevole al loro hobby. Per fare in modo che esso non si tramuti mai in una schiavitù.
Anche Digital Education Lab vuole giocare la sua parte: con il blog, le news e le guide, come quella che pubblicammo mesi fa proprio in merito alla classificazione dei videogiochi in base ai loro contenuti. Non perdetela!