Il coding per ragazze: c’è ancora da abbattere uno stereotipo
Nel corso dell’adolescenza ci si imbatte in alcuni preconcetti che, pian piano, stiamo cercando di abbattere. Non desta più problema se un bimbo gioca con le bambole o se una ragazza si iscrive a scuola calcio. S0no steccati che, attraverso esempi e buon senso, abbiamo attraversato con agilità. Altri però rimangono ancora sottovalutati all’occhio dell’opinione pubblica. In questo articolo parliamo di coding per ragazze, o meglio: di quanto il settore sia del tutto unisex nonostante alcuni stereotipi.
Luoghi comuni come mete turistiche affollate
Una ricerca condotta da SWG con Epicode ha fatto emergere alcune rivelazioni piuttosto inquietanti sul mondo digitale. Nella fascia 18-30 anni, è il 38% di soggetti a credere nello stereotipo che il coding sia una disciplina meno adatta alle giovani ragazze. Mentre su trecento aziende italiane, si attesta al 44% chi ritiene che gli uomini siano più idonei per materie tecnico-scientifiche e le donne per quelle umanistiche.
Alcune notizie però negherebbero questa evidenza.
La stessa Epicode, nei mesi scorsi, ha formato ben centoventi web developer di sesso femminile nella sua azienda. Un dato del tutto in controtendenza con il sondaggio riportato e che rispecchia quanto a volte la società sia rimasta ancorata ad idee di tre o quattro decenni fa.
Il nocciolo della questione coding per ragazze
“La questione è culturale. Anche per le aziende. D’altronde, a fare la selezione del personale sono le persone, forti del loro patrimonio culturale di riferimento“. A parlarne è la psicologa Paola Biondi, esperta dell’Ordine Psicologi del Lazio in materia di discriminazione e in tecnologia. Ha aggiunto a riguardo: “Il sessismo è diffuso anche tra i giovani: dipende dalle famiglie di provenienza e dall’educazione”.
L’antidoto è nelle famiglie, ma anche nelle istituzioni
“La scuola è un problema serio. Se si va in una classe mista e si annuncia una prova di matematica, dicendo che tendenzialmente le ragazze sono più brave, i risultati confermeranno questa affermazione. Se però in un’altra classe si dice il contrario, puntualmente questo si verificherà. Ciò significa che molto è determinato dall’atteggiamento di chi affronta la questione. Dunque, se sono un uomo e ho una visione del mondo da uomo, la porterò in ciò che andrò a fare, così pure nella selezione professionale, e le donne faranno inevitabilmente fatica. E sì che se in una classe si dice che la prova di matematica, di solito vede alla pari bimbi e bimbe, sarà di fatto così“.
Gli esempi che andrebbero portati a scuola
“Portiamo nelle scuole gli esempi di Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Samantha Cristoforetti. Diamo alle bambine la possibilità di immaginarsi così. Dobbiamo offrire un’educazione paritaria, che preveda la possibilità per tutti i generi di costruire un’immagine di sé in cui possono fare ogni tipo di carriera. Educhiamo gli insegnanti a non diffondere pregiudizi inconsapevoli. Valutiamo le persone in maniera neutra“.
Non è facile e ci metteremo del tempo
“Studi sostengono che in Italia la parità di genere sarà raggiunta tra 125 anni. Il problema si supererà quando si deciderà realmente di farlo». L’ultimo dato, in realtà, attesta la quota a qualche decennio meno, ma ciò non toglie che è comunque una strada lunga e anche impervia.
Non è mai troppo tardi per cambiare. Anche il lavoro.
La storia è quella di Barbara Giuliani, avvocato per dieci anni che, con la pandemia, ha reinventato sé stessa. “Nel corso del lockdown mi sono scontrata con le difficoltà derivanti da una scarsa informatizzazione, così mi sono messa a studiare. Ho fatto un corso di informatica con aspetti legati al diritto, pensando mi sarebbe stato utile per la carriera legale. Poi, la passione per la programmazione ha preso il sopravvento, ho fatto un corso intensivo e oggi, per un’azienda, mi occupo della parte visuale di siti web“. Fortunatamente le proposte non le sono mancate:” Ho terminato il corso a giugno. Dopo una settimana, ho iniziato a ricevere offerte e fare colloqui tutti i giorni. Da avvocato, sarebbe stato impensabile. Ora vedo il mio futuro più solido“.
Ne avevamo parlato anche in passato
Evidenziando ai nostri lettori il caso studio di Coding Girls. Un progetto nato sette anni fa da un primo accordo tra l’Ambasciata Americana alla Fondazione Mondo Digitale, attraverso l’ulteriore partnership con Microsoft. Una alleanza, successivamente estesa con il Miur, l’Università di Roma La Sapienza e Comune di Roma. Rileggere oggi questa storia fornisce di sicuro un altro grado di consapevolezza sulla materia.
Inclusione, insegnamento e memoria
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