Il “down” dei social costa milioni, perché?
Nella giornata del 2 ottobre, in una finestra temporale compresa dalle 17.30 alle 23.30, Facebook, WhatsApp e Instagram hanno riscontrato notevoli problemi, come mai era accaduto precedentemente. Una circostanza che ha scatenato sì l‘ironia del web nelle ore successive, ma anche profondi disagi. Per la clientela ma anche per i gestori dei portali in sé. Vediamo insieme come un blackout dei social possa essere davvero lesivo per una compagnia e per un sistema socio-economico, anche se “solo” di sei ore.
Cosa era successo?
John Graham-Cumming, esperto della società di Cloudflare, intervistato dal New York Times, ha approfondito questa spiegazione. Cumming infatti parla di errore interno durante la configurazione dei server. I computer convertono siti web come Facebook.com in indirizzi numerici (ovvero IP), utilizzando un sistema che l’esperto paragona alla rubrica contatti di un telefonino. “Il problema interno che si è verificato in Facebook è stato l’equivalente del rimuovere i numeri di telefono degli utenti dai loro nomi in rubrica, rendendo impossibile chiamarsi“. In parole povere, è come se fossero andate smarrite le “strade” che consentivano agli utenti di accedere ai server di Facebook.
Il commento della piattaforma
“Ci scusiamo per la vasta comunità di persone e aziende di tutto il mondo che si affidano a noi”, ha scritto il team, paradossalmente su Twitter. Ovvero l’unico social degli storici che funzionava ancora. Perché non di proprietà di Mark Zuckerberg.
Il passivo
Questa “interruzione di trasmissione” dei tre social avrebbe fatto registrare a Zuckerberg perdite pari a quasi 100 milioni di dollari (esattamente 99,75 milioni) secondo Fortune. Volendo fare una statistica, parliamo di una mostruosa cifra di circa 20 mila dollari al minuto – poco più di 17 mila euro – in pubblicità e inserzioni sponsorizzate.
Come si è arrivato a questo dato?
Basandosi sugli introiti del secondo trimestre dichiarati da Facebook nel 2021, che aveva registrato entrate per 29,08 miliardi di dollari. Il che si traduceva in una media di circa 319,6 milioni di dollari al giorno, 13,3 milioni all’ora. Da lì, l’ulteriore proporzione per fare una stima complessiva.
Danni anche in borsa
Le azioni di Facebook hanno subito un crollo del 5% nelle ore successive al blackout dei social. Non era nemmeno la prima volta che si giungeva ad un calo simile. A metà settembre si era registrato un altro passivo del 15%. Situazioni che hanno fatto scendere a 121,6 miliardi di dollari il patrimonio del magnate americano, rispetto ai 140 milioni di dollari stimati nel mese precedente.
Non in secondo piano però, il danno ai consumatori
Parliamo di cifre capaci di mandare in crisi molte attività, ma non per questo dobbiamo dimenticare i disagi causati ai consumatori. Che si sono visti, di colpo, privati dei tre sistemi di comunicazione più in voga nel momento. Una situazione che ci ha visto rispolverare i nostalgici sms e le più convenzionali chiamate.
Ci hanno guadagnato anche i competitor di Whatsapp
Telegram ha registrato nuovi accessi per settanta milioni di utenti. Una cifra niente male, anche se bisogna vedere quanti di questi neofiti rimarranno sulla piattaforma in maniera continua. Perché si sa, il più grande pregio del sistema di messaggistica con l’icona verde sta nel fatto che finiscano per usarlo nel quotidiano davvero tutti, da amici fino ai colleghi.
I rischi di creare un unico polo dei social media
Il più grande crollo dei social network ha dimostrato sicuramente la pervasività di questi canali nel tessuto sociale e soprattutto economico del nostro tempo. E che avere Instagram, Facebook e Whatsapp sotto lo stesso tetto può sì essere un pregio, ma anche un grosso problema in situazioni come queste. Il consumatore deve cercare di avere sempre una alternativa per comunicare agevolmente con le persone che lo circondano. Per questo, circostanze come quelle avvenute ad inizio ottobre devono portarci a riflettere e a sperimentare piani b di emergenza che possano salvarci anche eventuali giornate lavorative e non solo. Per questi ed altri consigli sul mondo dell’educazione digitale, continuate a seguire il nostro blog e date uno sguardo ai nostri corsi.