Il primo tweet inviato col pensiero: la straordinaria scoperta
Innovare significa anche abbattere quelle barriere digitali che non permettono a tutti di comunicare e di fruire della tecnologia allo stesso modo. Soprattutto nell’ambito dei social network, escludere alcune categorie di persone dall’accesso, significherebbe emarginarle da un determinato modo di interagire. Per questo motivo è giusto celebrare i passi in avanti che riusciamo a fare nel settore. Come quello che ha portato al primo tweet inviato col pensiero da parte di un malato di Sla in fase avanzata. Ma andiamo con ordine.
Di chi stiamo parlando?
Il suo nome è Philip O’Keefe, un australiano 62enne malato di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Philip ha compiuto un passo per ora unico al mondo. Riuscire ad inviare il suo primo messaggio su un social network grazie ad un dispositivo di otto millimetri impiantato nel cervello. Un esperimento mai visto prima.
Un tweet inviato col pensiero: come funziona?
Attraverso questo device senza fili, è stato possibile tradurre l’attività elettrica dei neuroni in parole e comandi sullo schermo del computer. Il suo messaggio è stato questo: “Hello, world! Short tweet. Monumental progress” (“Ciao, mondo! Piccolo tweet. Progresso enorme”). Poche parole per una scoperta sensazionale, inviata attraverso il profilo dell’amministratore delegato della Synchron, ovvero l’azienda che ha sviluppato questa speciale interfaccia chiamata Stentrode.
Le parole del paziente
“Quando ne ho sentito parlare per la prima volta – racconta Philip – sapevo quanta indipendenza avrebbe potuto restituirmi. Il sistema è incredibile, è come imparare ad andare in bicicletta. Nel senso che serve un po’ di pratica, ma quando inizi ad andare, diventa naturale. Adesso penso solo a dove voglio cliccare sul computer e posso mandare email, gestire il mio conto, fare acquisti e ora inviare anche messaggi al mondo via Twitter“.
Quando tutto ciò è accaduto?
L’evento è successo il 23 dicembre. Il CEO della Synchron, Thomas Oxley, tende a specificare: “Philip ha composto sette tweet e ha interagito con diversi like. Questi tweet rappresentano un momento determinante per il settore delle interfacce cervello-computer impiantabili. Mostrano come la connessione, la speranza e la libertà che possono essere restituite a persone come Phil che hanno perso gran parte della loro indipendenza funzionale a causa di una paralisi. Non vediamo l’ora di far avanzare la nostra interfaccia Stentrode nel primo studio clinico negli Stati Uniti il prossimo anno“.
Ma il dispositivo come funziona?
Il chip ha una sorta di cervello bluetooth, è stato sviluppato per coloro che hanno perso la capacità di movimento a causa di una malattia o di un incidente. Attualmente ci sono stati due impianti in via sperimentale in due malati di Sla in Australia. Il primo fu Graham Felstead, mentre Philip O’Keefe lo ha ricevuto per secondo nell’aprile 2020, dopo che erano trascorsi quasi 5 anni dalla diagnosi della malattia.
Una voglia di progresso che parte da lontano
“Fin dal primo giorno sono stato desideroso di partecipare a qualsiasi sperimentazione che avrebbe potuto allungarmi la vita o trovare una cura“. Ha dichiarato il paziente in un video all’Università di Melbourne. L’intervento per il posizionamento dello Stentrode è stato complesso ma efficace. Si è usato un catetere che ha raggiunto la corteccia motoria passando attraverso la vena giugulare, in pratica la stessa procedura mininvasiva impiegata per intervenire in caso di ictus. “Sono sempre stato consapevole del fatto che questo probabilmente sarà di grande aiuto non tanto per me, come singolo individuo nel breve termine, ma per quelli che verranno dopo di me. Sono felice di poter aiutare gli altri”, afferma Philip. “Spero di aprire la strada all’uso di Twitter tramite il pensiero”.
Un progresso, come lo fu il Deep Learning per i non vedenti
Una scoperta che potrebbe rendere più agevole la vita a numerose persone. Così come il deep learning sta migliorando la user experience delle persone con problemi alla vista. Fino a poco tempo fa, l’utilizzo di Facebook per loro era più che altro legato ad un sistema chiamato VoiceOver, che offre una descrizione vocale di ciò che accade sullo schermo. La tecnologia però si sta evolvendo per rendere più confortevole l’esperienza interattiva a chiunque ne ha bisogno. Attraverso applicazioni che potrebbero essere poi impiegati in altri campi, come ad esempio quello scolastico. C’è solo da attendere e scoprire come si evolveranno queste nuove sperimentazioni.
Evolvere per includere
Non è una semplice questione di social network. Sperimentare in certi campi può essere vitale per abbattere le barriere architettoniche digitali in numerose applicazioni. Aggiornarsi su queste ricerche significa anche riflettere su cosa sia capace la tecnologia oggi e nel futuro. Per rimanere sempre aggiornati, segui il blog di Digital Education Lab e dai un occhiata ai nostri corsi!