Dallo smartphone ai Pc: cos’è l’ obsolescenza programmata
Nella nostra quotidianità troviamo normale sostituire prodotti, che siano utensili per la casa, apparecchi elettronici per il lavoro o strumenti digitali di mero svago. Tale situazione è comportata dall’obsolescenza. Ovvero l’invecchiamento che porta a cambiare qualsiasi oggetto d’uso comune per un altro. Nella speranza che prima o poi essi potranno durarci per sempre senza doverli ricomprare. Il problema non è tanto l’osservare le multinazionali far realmente poco per migliorare la durabilità dei loro prodotti, ma il constatare che ci sia una sorta di termine di durata prestabilita in tali strumenti. Per questo parliamo di obsolescenza programmata.
L’aneddoto storico
Questa filosofia di mercato è tutt’altro che recente. Basti fare un passo indietro al 1923 e parlare della prima lampadina ad incandescenza. Le aziende produttrici di allora (tra cui Osram, Philips, General Electric) si accordarono per fare in modo che durassero più di mille ore. Meno della metà di cui erano abituati i consumatori nel precedente lustro. Un gesto che rimase come esempio lampante di prima volta in cui le aziende ridicevano deliberatamente la durata di funzionamento di un prodotto. Il fine era quello di garantirsi la sostituzione di tali prodotti dopo un tot di anni con successivi modelli di ultima generazione. Un mantra che dalle lampadine si è poi orientato verso altri settori. Dall’elettronica alla moda, fino alle automobili.
La legge
Nel 1933 l’obsolescenza programmata tentò addirittura la strada della legge, proposta dall’immobiliarista Bernard London. Si proponeva l’aumento del consumismo come panacea contro la depressione americana di qualche anno prima. Ma oggi le cose sono decisamente cambiate, complice anche una maggior consapevolezza nei temi dell’ecologia. Nel nostro presente infatti, a tale tema si sono pronunciate le istituzioni continentali e i governi nazionali. La Commissione europea, ha emanato la direttiva sull’ecodesign. Essa chiede ai produttori di implementare le strategie di eco progettazione. Il che si deve tradurre in azioni che favoriscano l’aumento della vita media dei prodotti e ne facilitino le operazioni di riparazione. Ciò per permettere anche l’aggiornamento tecnico di un oggetto senza doverlo cambiare del tutto.
Gli effetti della norma
La Apple proprio in merito a tale provvedimento è finita mesi fa nel mirino della giustizia francese. Con i capi d’accusa che riguardano la truffa e l’obsolescenza programmata. Si colpevolizza l’azienda di aver ridotto volontariamente la durata dei propri iPhone. La stessa azienda di Cupertino ha riconosciuto di rallentare temporaneamente i vecchi modelli di smartphone, in relazione al deterioramento della batteria. Ma ha fermamente negato di aver svolto pratiche per accorciare la vita dei propri dispositivi.
L’aggiornamento dello scandalo
Il dibattito si era sollevato in merito all’Iphone 6 ed il 6 plus. Un particolare aggiornamento, iOS 10.2.1, aveva risolto il problema dello spegnimento improvviso di tali dispositivi, ma compromettendone le performance. Ciò aveva portato la Apple a scontare le batterie ai possessori di tali modelli in questione, con tanto di linee guida per migliorarne l’uso. Ma ciò non aveva fatto altro che triplicare le polemiche ai loro danni.
La multa antitrust
Circa un paio di mesi fa ci ha pensato anche l’Antitrust italiana a punire tali aggiornamenti un po’ ambigui. Infliggendo una multa da dieci milioni di euro alla Apple e 5 alla Samsung. Colpevoli di aver impostato nuovi software al fine da invecchiare i loro precedenti smartphone. Ed è stata la prima volta che l’autorità italiana ha preso provvedimenti verso le aziende per il tema dell’obsolescenza programmata. Un magro rimborso se pensiamo agli incassi di tali multinazionali, ma è pur sempre un inizio.
Cosa possiamo fare noi per rallentare questo processo?
Piccoli gesti sicuramente possono renderci la vita più semplice. Ad esempio informarsi a lungo sui pareri dei consumatori in merito alle resistenze di un determinato brand. Quindi “premiare” quelli che sembrano creare i modelli più affidabili nel tempo. Essere curiosi e non fossilizzarsi solo su un paio di marchi affermati. Ad esempio proprio per gli smartphone ci sono piccole realtà che crescono, come i Fairphone o il Phonebloks. Il primo ecosostenibile in tutte i suoi parti, il secondo con capacità componibili.
Smartphone Componibili
Si chiamano così i terminali in cui ogni singola parte di essi (monitor, batteria, touchscreen) sono sostituibili in maniera agevole. Così da poterlo potenziare o riparare con molta facilità e non dover buttare l’intero prodotto, ma solo il dettaglio che vogliamo migliorare. Così da creare pochi sprechi, mantenere un discreto impatto ambientale, avvantaggiando quindi anche la tasca del consumatore. Una filosofia di mercato per ora ancora lenta a farsi strada dal punto di vista mediatico, ma che potrebbe diventare vitale nei prossimi decenni. L’importante è valutare, informarsi e conoscere. E in tale processo, noi di Digital Education Lab siamo dalla vostra parte. Se vi interessano simili articoli continuate a leggere il nostro blog e seguite le nostre pagine social.