Twitter penalizza le fake news: in che modo? e chi rischia di più?
Si è fatto un gran parlare di quanto Facebook abbia dichiarato guerra aperta alle bufale. Ma non è di certo l’unico social network minacciato da questa piaga. Ci sono piattaforme maggiormente esposte, soprattutto dal punto di vista politico, che chiedono una cura enorme sui contenuti. Twitter penalizza le fake news e lo ha sempre fatto, basti pensare al caso Donald Trump di mesi fa. Ma in questo periodo ha inasprito la propria posizione, vediamo in che modo.
In che modo Twitter penalizza? Tre livelli di tre etichette
Rimuovere i post e bannare gli utenti non è sempre una soluzione. Per questo Twitter ha pensato ad una sorta di scala di provvedimenti per scoraggiare le notizie false o inattendibili. “Get the latest,” “Stay Informed,” and “Misleading”. I primi due da avvertimento, a tono di un consiglio, il terzo da un tono decisamente più netto e che può valere la sospensione dell’account.
Get the Latest
Il cartellino diciamo “azzurro”, apparirà in basso al post, consigliando all’autore e ai suoi follower di andarsi a leggere le ultime notizie verificate su un argomento che è stato trattato magari con notizie vecchie o poco specifiche. Letteralmente “scopri le news più recenti”. Non comporta modifiche dell’account ma solo la precisazione rimandando alla fonte di un fact-checker.
Stay Informed
Riguarda il cartellino giallo. Appare su quelle notizie ambigue o incomplete, magari da fonti già precedentemente segnalate per questo vizio di forma. Non solo sotto arriverà un link specifico come già specificato per l’altra voce, ma la ripetuta violazione simile potrà portare alla rimozione del post o ban temporaneo. “Rimani informato”, appunto.
Misleading
Si riferisce a contenuti “ingannevoli” e che vengono subito piazzati come fake news. Il post potrebbe essere bloccato e l’utente, se sorpreso a persistere su questa condotta, definitivamente escluso dalla piattaforma.
La dichiarazione
“Continueremo ad utilizzare sempre più etichette e tipologie che smascherino la cattiva informazione in maniera più precisa”, fa sapere la piattaforma in un post di inizio giugno. Ma chi rischia di più di finire nei guai con la nuova regolamentazione nel nostro territorio? A quanto pare sono i politici, attivisti ed imprenditori. Ma facciamo un po’ di chiarezza.
Chi ci offre questo dato?
Un’analisi di Iconsulting indica la percentuale di attendibilità dei tweet pubblicati dai politici italiani pari al 56% e solo poco più su attivisti ed imprenditori. Dato sviluppato da un quantitativo di circa 1042 tweet e 14.161 retweet della penisola. Tra i più affidabili troviamo gli organismi governativi (99%). Poco più sotto i rappresentanti del mondo della sanità con 91%, mentre i media verificati si attestano al 90%. Cifre comunque preziose durante la pandemia.
Il paradosso
La stessa ricerca ha amaramente constatato che i vignettisti satirici siano più affidabili dei politici stessi: ben il 80% . Evidentemente ci sono alcune penne abbastanza responsabilizzate sull’attualità contemporanea che sentono il peso dei loro followers. Una delle migliori pratiche sul tema è di Andrea Lorenzon con il suo canale Cartoni Morti che durante l’anno ha elaborato comunicazioni brillanti come questa.
Come ha funzionato la ricerca di Iconsulting?
“Abbiamo utilizzato un approccio basato sul fenomeno delle cosiddette echo-chamber e sull’analisi delle correlazioni fra gli utenti che condividono contenuti inaffidabili”. Hanno spiegato dunque il coinvolgimento del Machine Learning. Un algoritmo che partendo da un set di dati iniziali, ha visualizzato centinaia e centinaia di tweet. Stabilendo quali di questi desse notizie vere e quali false. Attraverso l’assegnazione di un punto per la notizia veritiera e nessuna per la bufala.
L’importanza di affinare questi meccanismi
Parafrasando il detto “Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani” di storica memoria, è palese che, una volta fondati i social vadano istruiti anche i naviganti e i loro “controllori”. Per farlo c’è sempre più bisogno di monitoraggio, moderazione e misure al passo con i tempi. Le soluzioni adottate nel 2021 potrebbero apparire del tutto obsolete nel 2030 o confrontarsi con tutt’altri media che, nel frattempo, si saranno evoluti. Del resto, quando digitavamo le prime lettere su Facebook, non avremmo mai immaginato l’esplosione di un portale come TikTok; oggi anch’esso ha bisogno di salvaguardia.
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