Più distanti e infelici: se il genitore esagera con la tecnologia
Oggi, la domanda “Come controllare lo smartphone di mio figlio?” su una ricerca Google vanta la bellezza di circa 800,000 voci utili. Sicuramente un tema molto consultato da ogni nucleo familiare. Ciò che più colpisce però, è constatare l’aumento di persone che cercano una maniera per autolimitarsi nelle proprie attività online. Segno di una consapevolezza crescente dei propri limiti. Se un genitore esagera con la tecnologia non offre solo un cattivo esempio, ma ne risente un po’ tutta la famiglia e il suo umore. Questo succede per motivazioni specifiche che analizzeremo in questo articolo.
Alla base di questo ragionamento, una ricerca di ben 24 anni fa.
Quando l’adsl globalizzata era solo un miraggio, ovvero nel 1998, homenet aveva condotto un interessante studio. In una famiglia standard, un maggiore uso della rete comportava di riflesso un calo della comunicazione nel nucleo. Oltre a una riduzione della propria cerchia sociale. L’analisi metteva in guardia anche su un altro aspetto. Ovvero l’incremento delle ore davanti al monitor coincideva anche all’aumento di sintomi depressivi e di distacco. Negli anni, questa valutazione è stata tutto tranne che smentita.
Nel 2014 una ricerca si collegava pericolosamente alla prima
Passano quasi vent’anni, Highlights for Children, Inc concentrò la sua analisi sul target dei bambini statunitensi da 6 ai 12 anni. Scoprendo che il 62% di loro sentiva distratti i propri genitori. La ragione specifica era proprio il telefonino. Alla domanda “cosa farebbe tuo padre nel caso di perdita del proprio smartphone?”, le repliche erano piuttosto nette. “Impazzirebbe”, “cercherebbe istantaneamente uno nuovo”.
Quando si accorgono se il genitore esagera con la tecnologia?
Principalmente a tavola, luogo a quanto pare preferito dai ragazzi per fare conversazione, oppure prima di dormire. Il segnale che faceva capire questa mancata presenza era il fatto di non guardare negli occhi la propria prole. Probabilmente perché distratti da qualche notifica.
Comunicazioni digitali e i loro limiti
Dobbiamo fare un breve preambolo, necessario con il fine di mitizzare un concetto di base molto in voga negli ultimi anni. Ovvero che, se da una parte la pandemia ha fatto scoprire un mondo digitale a una vasta categoria di nuovi interessati, dall’altra c’è da notificare che non tutti sono rimasti soddisfatti da esso. Una ricerca condotta da New Media&Society che coinvolgeva circa tremila intervistati ha notato che l’uso di social media e giochi erano comunque meno appaganti di una conversazione dal vivo. Una buona via di mezzo era rappresentata da una videochiamata, ma comunque il soggetto si dimostrava abbastanza conscio di una perdita dei contenuti.
L’approccio bidimensionale del confronto
Da qui il paradosso: rischiare di compromettere le nostre relazioni sociali “fisiche”, mentre esasperiamo quelle digitali, nel tentativo di renderle ottimali allo stesso modo. Oltretutto il nostro esempio potrebbe essere copiato nel meccanismo di apprendimento di nostro figlio e portare a interazioni peggiori nel nucleo di famiglia. Il che rovinerebbe il quotidiano all’intera casa.
L’importanza di stabilire le priorità
Chiariamoci, non è questione di demonizzare la comunicazione online. Ci sono relazioni e legami che vanno avanti per necessità a distanza e riescono a viverla di certo meglio di trent’anni fa. L’aspetto che bisogna sottolineare è quello di avere sempre in testa un certo ordine gerarchico che rispetti le persone che amiamo. Non è solo un principio etico, ma un qualcosa che ci fa bene sul serio e lo dice la ricerca.
Cosa enuncia uno studio di un anno fa
La Computers in Human Behavior Reports ha fatto una ricerca in merito a questo aspetto. Il risultato è stato esplicito: i partner che possono contare su una comunicazione continuativa faccia a faccia si sentono più comprese e consequenzialmente sono anche più soddisfatte nella coppia. Collegando una adeguata comunicazione tra genitori e figli ovviamente il benessere raddoppia.
Come avvicinarci a una dieta comunicativa bilanciata?
Innanzitutto ascoltare le perplessità e i bisogni in famiglia. Così come saperli esternare, pregi e difetti. Sono gli stessi elementi del nucleo che possono sottolineare con garbo le nostre mancanze per farci porre rimedio. Se tutto ciò non basta, potremmo ricorrere anche a una di quelle applicazioni che fanno in modo di tenere d’occhio il nostro tempo speso guardando il monitor.
Come quantificare un tempo ragionevole?
La tempistica media stabilita dagli esperti è di tipo un massimo di un ora e mezza da 12 a 14 anni. Di due al giorno dai 14 anni ai sedici. Verso i diciotto anche di due ore e mezza. Per una finestra complessiva che va dalle undici ore settimanali nella prima fascia, fino alla 18 per la terza.
E noi?
Compatibilmente al nostro impiego lavorativo, non dovremmo superare granché la terza fascia citata. Il nostro buon esempio inevitabilmente influirà anche su quanto seriamente prenderanno in considerazione le nostre linee guida la nostra prole. Siamo infatti per loro il primo credibile banco di prova. Se il genitore esagera con la tecnologia e continuerà a farlo, sarà anche più difficile dissuadere il resto della famiglia.
Allenarsi verso l’equilibrio, farlo assieme
Il dettaglio che maggiormente salta all’occhio da questo articolo, riguarda come ricerche di più decadi vadano a legarsi con una certa coerenza. Sin dagli albori della rete era facile identificare le possibili minacce di un ambiente sociale inquinato intorno a noi. Dal teorizzarlo a porci rimedio però ci sono diversi step. Passaggi che possiamo compiere assieme, prendendo come spunto gli aspetti precedentemente citati. Se ti interessano questi argomenti, sarai felice di sapere che Digital Education Lab offre una vasta gamma di corsi che promuovono l’uso sano della tecnologia. Continua a seguire il nostro blog per ulteriori approfondimenti.