Videogiocatrici in aumento, ma ci sono barriere ancora da abbattere
Il mercato videoludico offre contenuti sempre più variegati, un elemento che ha aiutato a bilanciare l’audience del settore. Un mercato che, tempo fa, era ad esclusivo vantaggio maschile, ma che oramai sta vivendo l’inversione del trend. Ma quali sono le difficoltà che ancora deve affrontare una ragazza che si confronta nel mondo dei videogiochi? Quali gli stereotipi? Ne parliamo in questo articolo dedicato alle videogiocatrici. Analizzando migliorie e le fragilità che circondano l’opinione pubblica a riguardo.
I dati
Un’analisi di IPSOS Mori “Women Played” ha sottolineato l’impatto, l’influenza e la spesa delle donne nel mercato europeo dei videogiochi. Cifre sostanziose che vanno al di là del mero aspetto economico. L’analisi di IPSOS si sofferma su come giocatrici, consumatrici e creatrici stiano migliorando la rappresentazione del genere femminile nella categoria. Partendo dai contenuti sulle piattaforme streaming fino al livello di inclusione nella forza lavoro. Rappresentando una fetta generosa di audience che le software house non possono decisamente ignorare.
Quante donne giocano?
Il sodalizio di Ipsos con a GameTrack stima il dato a 118 milioni di utenti, in un’età compresa tra i 6 e i 64 anni, in territori quali il Regno Unito, in Francia, Germania, Spagna e Italia. Analizzando quindi i mercati europei più importanti, possiamo dedurne che quasi la metà di chi gioca è di sesso femminile. A loro appartiene 38% della spesa in videogiochi, che ammonta a circa 6,8 miliardi di euro.
Un vero picco
Gli acquisti delle videogiocatrici hanno avuto un incremento del 31% rispetto al 2019, per darvi una idea, nello stesso periodo negli uomini è salita solo quasi la metà, ovvero il 17%. In cosa spendono maggiormente le donne? In prevalenza per smartphone, tablet e console. Un totale di ben 6 miliardi, mentre il resto delle cifre sono i costi per quanto riguarda i PC.
Questi i dati dei consumatori, ma chi produce?
Ci avviamo insomma ad una situazione in cui la metà di pubblico è femminile. Ma come siamo messi dal punto di vista occupazionale di questo settore? Non altrettanto bene. Nell’industria videoludica le donne sono solo il 17% della forza lavoro totale. I dati oscillano dal 14% della Francia fino al doppio per quanto riguarda il Regno Unito. Una inclusione quindi ancora da migliorare, e non solo su questo ambito.
Partendo dagli stereotipi duri a morire
Quando si parla di “Gamer Girl” online , le rappresentazioni sono troppo spesso univoche. Cadendo al luogo comune di Streamer/Youtuber dalle pose seducenti oppure poco vestite. Una rappresentazione che nessuno avrebbe, ad esempio, immaginando i colleghi del sesso opposto. Eppure basterebbe guardare i profili di chi lavora nel campo degli Esports per abbattere queste dicerie. Non esiste un modello estetico specifico che possa descrivere una categoria così ampia, né è importante cercarlo.
Questo stereotipo e l’occupazione non sono gli unici problemi
Una società di consulenza per ricerche di mercato di nome Reach 3, in collaborazione con Lenovo, denuncia che il 59% delle videogiocatrici preferiscono nascondere il loro genere quando sono online. La ragione? Dimezzare conflitti, molestie e insulti. Un dato che è consequenziale al fatto che, ben il 77% di loro, abbia già subito discriminazione di genere durante una partita con altri giocatori.
Un fenomeno preoccupante
Una modalità di disturbo che non si ferma alle offese, ma anche ad atteggiamenti tossici indiretti. Come la scelta di fare tanking ovvero giocare volutamente male per far perdere il proprio team. Oppure il disconnettersi dal server una volta scoperto che il proprio partner di squadra sia di sesso femminile. Atteggiamenti frutto dell’ignoranza di chi crede di determinare la bravura dal genere. Dietro a simili gesti, c’è solo la maleducazione e una pessima cultura digitale.
Come fronteggiare tutto ciò?
Per contrastare queste problematiche in ambito occupazionale e attitudinale c’è bisogno di una società che meglio sappia vivere il presente. Comprendendo queste fragilità che possono rallentare i meccanismi inclusivi avviati nella nostra società. Anche per questo motivo Digital Education Lab è presente con i suoi corsi e articoli. Al fine di guardare a temi come il progresso e la tecnologia con occhi del tutto nuovi.