Morire per un selfie: una distrazione che può costare caro
Cercare uno scorcio inedito, immortalare la posa bizzarra, cercare disperatamente quella novità che possa convincere più persone del solito a mettere il “mi piace”. Sono le motivazioni che a volte portano le persone a compiere gesti che potrebbero mettere a rischio la propria incolumità in maniera seria. Le conseguenze gravi sono più frequenti di quanto possiamo credere. Perché morire per un selfie è un qualcosa che accade con una continuità che dovrebbe farci preoccupare.
L’ultimo caso celebre
L’ultimo episodio che ha scosso l’opinione pubblica riguarda Melike Gun Kanavuzlar, una ragazza turca di appena 15 anni. Melike è caduta dal tetto di un edificio nella città di Ortaca, nella provincia di Mugla, nella Turchia occidentale. Il suo tentativo di scattarsi una foto l’ha fatta precipitare assieme al telefono, davanti alle telecamere di sicurezza dell’edificio. Trasportata nel reparto di terapia intensiva nella città di Mugla (a sud ovest dello stato Turkey) è morta circa tre settimane dopo per le ferite riportate.
Morire per un selfie: è un fenomeno sempre più esteso
Solo considerando il periodo dal 2011 al 2017 ci sono stati almeno 259 ‘morti per selfie’. Parliamo cioè di persone che hanno perso la vita per incidenti mentre cercavano di scattarsi una foto pericolosa. A prescindere che abbiano tentato di recuperare un telefono in situazioni di equilibrio precario o siano caduti mentre si sporgevano.
Chi ha raccolto questa statistica?
A fare il conto di questa ecatombe è stato uno studio pubblicato dal Journal of Family Medicine and Primary Care dell’All India Institute of Medical Sciences. Esso si basa su una accurata ricerca di analisi dei motori di ricerca con parole chiavi come ‘morte per selfie’, ‘ incidente selfie’ o ‘mortalità selfie’. Questi ultimi hanno identificato informazioni su ben 137 incidenti certi in tutto il mondo, che sommano la cifra appunto di 259.
L’età media dei coinvolti?
Non sorprenderà più di tanto sapere che è di appena 22,9 anni. Tre quarti di loro erano di sesso maschile. Il numero più alto di morti è stato registrato dall’India, che ha quasi metà degli incidenti, seguita da Russia, Usa e poi Pakistan.
Come sono morte le persone?
Un terzo di loro (una settantina) è morta per annegamento, mentre la seconda causa più frequente è dovuta all’incidente con un mezzo di trasporto. La maggioranza di questi ultimi scattavano selfie vicino a stazioni ferroviarie. Fra le altre cause di morte segnalate ci sono cadute, incendi, scosse elettriche e persino, in otto casi, animali.
Una provocazione o un qualcosa di più ?
“Servirebbero delle aree ‘no selfie’ nelle zone turistiche specialmente in posti come corsi d’acqua, picchi e edifici alti, per diminuire l’incidenza di queste morti“. Sottolineano i ricercatori di questa analisi. Facendo notare che, in caso di comportamenti sconsiderati alla guida o accanto a mezzi di trasporto pesanti, l’ingenuità di una persona potrebbe costare la vita a tante altre contemporaneamente.
Un fenomeno che ci riguarda da vicino
Il fatto che le morti si siano verificate in prevalenza distanti dal nostro territorio, non vuol dire che la questione non ci riguardi. Questa estate il nostro connazionale Andrea Mazzetto ha perso la vita cercando di recuperare il suo telefonino che gli era caduto dopo un selfie. Si trovava nel bel mezzo di una escursione nell’Altar Knotto e aveva appena mostrato la foto alla sua ragazza. Il giovane ha compiuto un’imprudenza nonostante non fosse un novizio di percorsi. Anzi, certe attività erano il perno del suo (abbastanza seguito) profilo Instagram.
Come possiamo fare prevenzione?
Educando al concetto di originalità. Non è solo la foto al tramonto da un baratro o un video sfrecciando ad alta velocità che ci può far distinguere. Non importa quanto “cosa fai” ma “come lo fai“. Sono le basi più essenziali di uno storytelling avvincente, non importa cosa si voglia comunicare.
L’importanza quindi delle nozioni
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