Zoom Fatigue: cos’è e come poterla contrastare
Un anno fa iniziava questa nuova fase per la nostra collettività, fatta di nuove abitudini, necessità ma soprattutto conseguenze. Trovarsi oggi con oltre la metà della nazione ancora in zona rossa ci permette di riflettere su come la nostra esistenza sia mutata in base a questa nuova condizione. I pericoli non riguardano solo il virus. Ad esempio di Zoom Fatigue si parla ancora poco. Non pochi di voi potrebbero accusarne una forma lieve senza saperlo.
Le origini della Zoom Fatigue
Da oltre dodici mesi a questa parte, guardare i propri colleghi o genitori spesso da un monitor a tredici pollici è diventata una consuetudine. Si stima che l’uso della più celebre piattaforma di condivisione di videoconferenze sia addirittura aumentata del 470% in questo periodo.
Quali sono i sintomi più comuni?
- La difficoltà a concentrarsi sulle cose o, peggio, dimenticarle.
- La fatica a mantenere relazioni o essere presenti nella quotidianità di chi ci vuol bene.
- Frustrazione ed irritabilità.
- Insonnia, fatica generalizzata, tensione muscolare.
Una ricerca di Stanford
Alcuni dati ci spingono a riflettere su almeno quattro punti che possono essere lesivi a lungo andare per la nostra salute. Circostanze che, se reiterate, potrebbero non farci bene dal punto di vista psicologico. Ed è quindi buona cosa analizzarle una ad una per valutare quanto esse ci possano coinvolgere nel quotidiano.
L’istinto primordiale
Il confronto diretto di una webcam che fa diventare un meeting da dieci persone un agglomerato di tanti uno contro, questa circostanza amplifica lo stress cosiddetto “da ascensore”. Ovvero quella situazione di disagio che abbiamo a condividere lo spazio con altra gente in uno spazio relativamente stretto, come quello delle griglie di una conference call. Non un gran modo per iniziare la giornata, almeno a parer del professore Jeremy Bailenson.
Il tono della voce e la comunicazione non verbale
Il modo di interagire con colleghi e parenti ovviamente cambia. Dobbiamo fare a meno di buona parte della nostra gestualità, movimenti anche solo affettuosi o di riguardo nei confronti del nostro interlocutore. Oltretutto è sottolineata nella ricerca l’abitudine dell’utente di alzare il tono della propria voce del quindici percento rispetto ad un comune dialogo faccia a faccia.
Lo spettro della continua autovalutazione
Immaginate di vivere una vostra giornata lavorativa tipo del pre pandemia con uno specchio o un assistente continuamente dinnanzi il viso. Quale reazione avreste avuto? Beh, certamente quella di osservarvi o sentirvi osservati costantemente: controllare se il capello è fuori posto, se lo sguardo sembri abbastanza riposato e quanto altro. Non è narcisismo. Questo è ciò che ci accade ad ogni conferenza su Zoom, dove quel piccolo spazio in basso contenente il nostro volto continua a far capolino, a volte persino a distrarci e/o giudicarci. Bailenson inoltre illustra che, l’analisi condotta in parallelo su ambedue i sessi, abbia indicato uno stress maggiore riguardo i pazienti femminili.